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La Tosca di Del Monaco incanta il Festival Puccini

Torre del Lago – Uno spettacolo maestoso che non ha tradito le aspettative della vigilia. E’ stata un’applauditissima Tosca quella andata in scena domenica sera al Festival Puccini, il debutto assoluto del nuovo allestimento di Giancarlo Del Monaco.

La firma di uno dei registi più importanti della sua generazione, figlio d’arte del grande tenore Mario Del Monaco, ha lasciato il segno, nella cura dei dettagli di tutta la messa in scena, arricchita dalle monumentali scenografie di Carlo Centolavigna della Roma papalina di inizio ‘800, e i costumi della Fondazione Cerratelli. Culminata nella scena corale del Te Deum che chiude il primo atto.

Appassionate le interpretazioni dei protagonisti: la soprano cinese He Hui, pienamente a suo agio nei panni di Floria Tosca. E Stefano La Colla, tenore cresciuto sulle rive del Massaciuccoli, tenace interprete di Mario Cavaradossi, il pittore-amante vittima degli inganni del perfido Barone Scarpia (Carlos Almaguer).

Tosca torna in scena al Festival Puccini il 4 e il 12 agosto. A settembre sarà in onda su Noi Tv
« Noi tv » – 16 luglio 2018 

 

Il commento / Un colpo di scena che fa bene

Scuote quel pugnale che affonda nell’inguine. Poi nel basso ventre. Una donna dell’Ottocento che prima di piantare “la lama nel cor” del suo violentatore lo castra. Anche se siamo all’opera. Anche se siamo con la Tosca in teatro

Scuote quel pugnale che affonda nell’inguine. Poi nel basso ventre. Una donna dell’Ottocento che prima di piantare “la lama nel cor” del suo violentatore lo castra. Anche se siamo all’opera. Anche se siamo con la Tosca in teatro.

Il colpo di scena, in effetti, è forte. Qualcuno stempera il nervosimo con una risata. In platea non tutti gradiscono la scelta di regia. Il riferimento sessuale esplicito. Lo considerano eccessivo. Tanto più che il barone Scarpia, il castrato, subito dopo la pugnalata ai testicoli, si porta vistosamente le mani all’inguine. A sottolineare la ferita. Non mortale. Se non per la virilità. Anzi per il machismo. Il maschilismo. E l’essere uomo in modo violento. Perché lì vuole andare a parare la regia di Tosca in cartellone questa estate a Torre del Lago.

Si può discutere se, in questa sottolineatura – le mani all’inguine, dopo la pugnalata – ci possa essere un eccesso di “veridicità” e quindi di verismo nella scena. Se l’effetto non sia grottesco, invece che solo efficace. Che vada oltre la capacità di attirare l’attenzione su un problema di estrema attualità come la violenza contro le donne. Le scelte di regia sono sempre opinabili. Di sicuro, però, si può dire: 1) di fronte alla castrazione di Scarpia non si resta indifferenti; 2) l’attenzione viene attirata; 3) ci si domanda perché Tosca non si limiti ad accoltellare il barone al cuore come fa sempre e lo pugnali ai genitali.

Queste sono domande che fanno bene. Servono a non far dimenticare che la violenza contro le donne non è un problema da campagna elettorale o da propaganda. Che non è neppure un’emergenza come la politica si ostina a definirlo, appartenendo ormai alla quotidianità. Anzi, in questo momento non è più nulla, visto che è pure sparito dall’agenda politica. Perciò bene che almeno l’arte se ne occupi. Se poi le forme che usa fanno discutere, ancora meglio. Almeno le donne maltrattate, violate, uccise non escono di scena. Non del tutto.
Ilaria Bonuccelli, « Il Tirreno – Toscana », 17 luglio 2018

Il notevole sforzo produttivo di questa edizione del Festival Pucciniano darà vita a tre nuovi allestimenti, il primo dei quali ha appena debuttato a al Gran Teatro all’aperto. Tosca è uno dei titoli più ricorrenti a Torre del Lago e le recenti edizioninnon potevano definirsi tra le più riuscite nella storia della rassegna estiva. C’era bisogno di nuova Tosca, insomma, che potesse non solo convincere, ma anche proporsi per essere ripresa negli anni a venire. Nell’occasione si è opportunamente scelto, una volta tanto, un regista operistico di lungo corso e di provata esperienza e Giancarlo Del Monaco non ha mancato di imprimere una forte caratterizzazione allo spettacolo, risultato non scontato in un titolo tra i più inflazionati del repertorio e dove non è facile dire qualcosa di inedito, avendo anche un libretto che non indica solo un determinato momento storico, ma anche “le ore e i luoghi”.

Tradizionale nel monumentale impianto scenico, ma non banale, sostanzialmente fedele nella drammaturgia, lo spettacolo si contraddistingue per le tinte forti che il regista vi imprime lungo i tre atti. Per Del Monaco l’opera non racconta (solo) una sfortunata storia d’amore e di romantici rivoluzionari, ma è intrisa di cupa violenza. Già le fastose e barocche scene del primo e terzo atto non sono semplicemente belle da vedere, ma suggeriscono qualcosa di inquietante e di incombente, anche per la pedana inclinata su cui sono poste, in posizione un po’ sghemba, in ciò – nel primo atto – ricordando un po’ la Tosca di Ronconi alla Scala.

Il terzo atto contrasta in modo netto coi due precedenti, con scene ridotte all’osso, senza concessioni al decorativismo. A Castel Sant’Angelo si tortura e si uccide e basta, non ci sono tavolinetti dove scrivere le ultime volontà, né sedie su cui riposarsi prima della fucilazione. Il Sagrestano è alcolizzato, il primo atto già trasuda sensualità e sesso e nel finale secondo Tosca non uccide Scarpia terrorizzata dal suo gesto, ma gusta la vendetta trafiggendolo con impeto da serial killer anche quando è disteso e agonizzando, non risparmiandogli una simbolica coltellata al basso ventre. Del Monaco racconta di aver così esorcizzato una giovanile esperienza di molestie di cui fu vittima. A Cavaradossi non viene riservata una blanda e signorile tortura, ma viene proprio massacrato, presentandosi dopo il “Portatelo qui!” con gli abiti a brandelli e coperto di sangue. Nel terzo atto evidentemente gli è stata riservata una dose supplementare, in attesa dell’esecuzione, perché viene portato in scena in barella, ridotto in condizioni impressionanti, tanto da cantare la prima parte di “E lucevan le stelle” sdraiato.

La fucilazione avviene con Mario sistemato su una sedia con le spalle rivolte ai soldati (come Aldo Fabrizi in “Roma città aperta”, per intendersi) e il volto rivolto verso il pubblico, così che i fucili sparano in direzione degli spettatori (e fortunatamente non sono caricati come la sfortunata arma rivolta verso Fabio Armiliato a Macerata nella Tosca del 1995), non senza un effetto raggelante.

A tante torbide e feroci atmosfere suggerite dalla regia non si allinea il podio, che pare andare in senso opposto. Pedro Halffter, madrileno di nascita e dal curriculum di tutto rispetto (è compositore, nonché direttore artistico del Teatro de la Maestranza di Siviglia), pare più direttore sinfonico che operistico. Il gesto è curato e preciso, ma la lentezza dei tempi nei passaggi cantabili priva di nerbo, in particolare, il primo atto e sopratutto sembra mettere in qualche difficoltà i cantanti. Una bacchetta compassata, che non respira con gli interpreti, insomma, ma che trova momenti suggestivi in alcuni passi concitati, nello spettacolare e spettrale Te Deum concepito da Del Monaco con un enorme incensiere che inonda il palcoscenico di fumo e, soprattutto, nei passaggi solo orchestrali (la coda del finale secondo, l’alba del terzo atto), con ciò ribadendo l’impressione – confermata peraltro dalla sua ricca discografia – di una maggiore attitudine a dirigere musica non vocale.

Il cast presenta tre protagonisti non nuovi al palcoscenico torrelaghese e dalle doti vocali non comuni. Hui He è per il terzo anno consecutivo la “prima” Tosca del Festival (nelle repliche cambieranno interpreti principali e bacchette) e per la raffinata cantante cinese valgono le considerazioni già scritte nelle due estati precedenti cui si rimanda. Nell’occasione il prezioso strumento del soprano è apparso meno a fuoco, anche se l’intonazione è stata sempre impeccabile e il “Vissi d’arte” efficace e applaudito, con molte richieste di bis, non concesso.

Stefano La Colla trova in Cavaradossi uno dei personaggi che meglio valorizzano una voce robusta e di bel colore, sicura a tutte le altezze ed emessa senza cercare troppe sfumature, anche se il fraseggio appare sufficientemente curato.

La lunga carriera e i molti ruoli gravosi affrontati non hanno intaccato la potenza e la ricchezza timbrica di Carlos Almaguer, che di Scarpia sceglie la lettura del cattivo a tutto tondo, quasi perverso nel suo eccitarsi, non visto, all’inizio del secondo atto, col velo rosso sottratto a Floria. Un barone crudele, ma di una perfidia più asciutta e austera rispetto a quando interpretava il personaggio a inizio carriera, cantato con affidabile precisione dall’inizio alla fine.

Coro alterno, compatto nel Te Deum e meno efficace nella cantata fuori scena, buone le voci bianche e resto del cast quasi identico rispetto allo scorso anno, con il Sacrestano chiaro e brillantemente interpretato da Claudio Ottino, l’Angelotti di Davide Mura, ancora da rifinire nonostante i mezzi generosi, lo Spoletta in progresso rispetto alla già discreta prova dell’anno passato di Francesco Napoleoni, costretto dalla regia a risate sataniche in linea con lo spirito dello spettacolo, e il dignitoso Sciarrone di Andrea De Campo. Molto corretto il Pastorello di Gaia Niccolai e puntuale il Carceriere di Massimo Schillaci.

Pubblico folto e molti applausi per tutti, compresi i responsabili della parte visiva. Il festival prosegue con le repliche di Turandot con la regia di Signorini che ha debuttato l’anno passato e che quest’anno firma anche la nuova Bohème, con una Manon Lescaut in forma semiscenica per un’unica serata, con le riprese della conosciuta Butterfly con la regia di Vivien Hewitt e con un nuovo Trittico, in occasione dei cento anni dalla prima esecuzione.

“Operaclick”, La recensione si riferisce alla prima del 15 luglio 2018
Direttore d’Orchestra: Pedro Halffner, Dejan Savic

Regia: Giancarlo del Monaco
Scene: Carlo Centolavigna
Costumi: Maria Filippi

Tosca: Hui He, Gabrielle Mouhlen
Caravadossi: Murat Karahan
Scarpia: Carlos Almaguer, Stefan Ignat
Allestimento del Festival Puccini
Orchestra, coro e solisti del Teatro di Tblisi
Direttore: Jacopo Sipari di Pescasseroli